Morte del coniuge: risarcimento e pensione di reversibilità – Cumulo
Cass. sez. Unite n. 12564 del 22.05.2018
“Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto”
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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a dirimere il contrasto attinente alla questione se il danno, consistente nella perdita dell’aiuto economico offerto dal defunto, debba essere liquidato detraendo dal credito risarcitorio il valore capitalizzato della pensione di reversibilità di cui beneficia il superstite.
La Suprema Corte ha statuito che il valore della pensione non va scomputato dal risarcimento. La ratio giustificatrice è da ricercarsi nella natura non risarcitoria dell’erogazione previdenziale: l’attribuzione pensionistica non rappresenta un lucro, ossia un gratuito vantaggio patrimoniale, ma dipende da un sacrificio economico del lavoratore. Tale “beneficio collaterale”, in quanto espressione di una scelta di sistema, conforme al respiro costituzionale della sicurezza sociale, non può ritenersi soggetto alla compensatio lucri cum damno, principio in virtù del quale il risarcimento deve coprire tutto il danno cagionato, ma non oltrepassarlo, non potendo costituire fonte di arricchimento del danneggiato.
E’ stato chiarito, a tal proposito, che il beneficio (l’erogazione della pensione) non è conseguenza immediata e diretta del fatto illecito; il danno rappresenta soltanto la condizione affinché un diverso titolo spieghi la sua efficacia. Il beneficio è in rapporto di mera occasionalità con il danno e, pertanto, non può giustificarsi alcun defalco.