Assegno divorzile – Pensione di reversibilità
Cass. SS.UU. n. 22434 del 24.9.2018
“Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno di cui all’art. 5 della l. n. 898 del 1970, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno periodico divorzile al momento della morte dell’ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione“.
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La Suprema Corte si è pronunciata, a Sezioni Unite, in merito al diritto del coniuge beneficiario dell’assegno divorzile una tantum alla corresponsione della pensione di reversibilità, dirimendo così definitivamente il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione.
Partendo dall’assunto secondo il quale fondamento della pensione di reversibilità risiederebbe nella esigenza di assicurare all’ex coniuge mezzi adeguati di sostentamento, la Corte ha chiarito che l’indice per riconoscere l’operatività in concreto di tale finalità è quello dell’attualità della contribuzione economica venuta a mancare; attualità che si presume per il coniuge superstite e che deve essere garantita dalla titolarità dell’assegno, intesa come fruizione attuale di una somma periodicamente versata all’ex coniuge come contributo al suo mantenimento.
In altri termini, se la finalità del legislatore è quella di sovvenire ad una situazione di deficit economico derivante dalla morte dell’avente diritto alla pensione, difetta, in tal caso, il requisito funzionale costituito dal medesimo presupposto solidaristico dell’assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge.